L’emergenza sanitaria causata dalla pandemia Covid-19, ha aumentato il rischio di violenza entro le mura domestiche, la maggior parte delle volte diretta verso le donne e quasi sempre essa avviene all’interno della famiglia.
La violenza non si configura come “solo” violenza fisica ma anche psicologica, talvolta l’abuso sull’altro rimane solo psicologico ma a volte quest’ultimo è il solo punto di partenza per poi trasformarsi in forme di abuso peggiori, degenerando sempre più.
Ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata, si configura come un abuso.
Ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata, si configura come un abuso.
La definizione generale è chiaramente riferita a tutte le forme di violenza: da quella fisica (facile da individuare) a quella psicologica. Emerge chiaramente che in caso di violenza psicologica il danno non è visibile ma è parimenti reale: si colpisce la personalità della vittima, se ne compromette il diritto ad esprimersi, si colpisce la sua dignità personale: così sono violenza psicologica tutte le forme di mancanza di rispetto, atteggiamenti volti a ribadire continuamente uno stato di subordinazione e una condizione di inferiorità.
Questa forma di violenza è difficile da distinguere da un normale conflitto di coppia. Ma ci sono indizi che possono aiutare a individuarla, di seguito ne poniamo alcuni:
- Gli indizi più deboli e quasi impercettibili sono le prime critiche in forma generale, lo stadio successivo, che si verifica quando la vittima non ha preso alcuna contromisura nei confronti di queste critiche, è una forma di aggressività nel dialogo; tali sintomi se trascurati sono il presupposto di un rapporto che prende una piega morbosa più grave. Non sempre questo stadio sfocia in forme gravi, ma in genere le forme gravi passano da questo stadio;
- A questo punto la violenza psicologica prende la forma del predominio nel discorso, del mettere a tacere ogni risposta, del rendere la vittima incapace di sostenere le sue ragioni. L’altro sta logorando la sicurezza della partner, sta facendo in modo da convincerla di essere “incapace” “stupida” “sbagliata” sta cercando di crearle dei sensi di colpa e di renderla inoffensiva sul piano della relazione;
- Dalla critica generale poi si passa facilmente al vero e proprio disprezzo. Offese, aggressioni verbali, accuse infondate e ossessive. Il disprezzo è uno stadio già più visibile: le continue offese, le continue manifestazioni di disgusto e di odio sono sintomi di una situazione ormai grave. Come emerge dalla descrizione delle varie fasi della violenza psicologica nella coppia è chiaro che non siamo di fronte ad un evento ma ad un lento processo in progressivo deterioramento. La dinamica allora si incastra perfettamente, perché se da un lato c’è qualcuno che si colpevolizza, dall’altro invece c’è un altro che non si attribuisce mai la colpa ma che al contrario la riversa all’esterno da sé, sul partner, sui familiari, sul mondo intero;
- Il passo successivo è l’isolamento: la donna nasconde ciò che realmente accade fra loro, fino ad un certo punto anche a se stessa, finendo con il proteggere il partner che la maltratta. Soprattutto l’isolamento è fondamentale perché lo scopo è quello di far sì che la donna perda tutta la rete di relazioni affettive (familiari, amicali, terapeutiche) con l’obiettivo del partner di poter continuare a perpetuare la sua azione in modo indisturbato tanto da insinuarsi, creando conflitti e chiusure nelle ristrette relazioni della compagna.
Gli eventi traumatici narrati e valutati, si configurano come eventi sequenziali, prolungati nel tempo e cumulativi. Nonostante l’entità dei traumi e l’entità della tensione psicologica sperimentata nei differenti momenti di vita passati, la vittima cerca di adattarsi e “sopravvivere” mettendo in atto delle strategie a lei funzionali in quel momento ma andando altresì ad alterare il suo equilibrio psicologico, biologico e sociale al punto che l’evento/i traumatico/i finisce/finiscono per inquinare altre esperienze e inibisce la capacità di apprezzare il presente.
Gli atti violenti traumatici non sono sempre facili da circoscrivere e delimitare per la persona abusata, poiché i sentimenti di impotenza e fallimento verso sé stessi sono interiorizzati, a seguito del perpetrarsi della violenza psicologica.
Proprio per questo si deve fare attenzione ai segnali sopra elencati, prendendoli da riferimento , nel caso ci si ritrovi in una situazione simile, affinché si possa chiedere aiuto sin da subito.
In questi casi è importante rivolgersi a qualcuno e chiedere aiuto, ad un professionista sanitario o legale, che possa aiutare e consigliare il percorso migliore da intraprendere per la salvaguardia e protezione della vittima e che possa indicare il percorso migliore da intraprendere nell’ottica del benessere di quest’ultima. Poniamo di seguito dei riferimenti ufficiali, di consulenza, presenti sul territorio di Bergamo.
Dott.ssa Federica Vantaggiato, psicologa